Quando la burocrazia ti mette in ginocchio. Potrebbe essere questa la sintesi della storia di Antonio Fabiani, fioraio ambulante di Piazza della Repubblica, che dal 1990 occupava con il suo banco di piante e fiori gli spazi sotto i portici del mercato del giovedì. Quello dei fiori, quello dove da anni le signore del centro animano e frequentano tra un caffè alla Giubbe Rosse e una passeggiata in via della Vigna.
Dal 7 Gennaio Antonio non lavora più. Per colpa della Pec, la posta certificata, che complice la tecnologia del Comune di Firenze, lo ha messo in ginocchio. Sembra strano eppure è davvero andata così.
Antonio Fabiani apre, come tanti altri venditori ambulanti, la posta certificata. E' un obbligo di legge per tutte le aziende, società o ditte individuali. Lì arrivano le comunicazioni formali, una ogni tanto.
Ma Antonio Fabiani vive la sua giornata a lavoro, si sveglia presto, va nei campi, coltiva piante e fiori. Non ha lo smartphone sincronizzato con le email che arrivano in tempo reale. Non è un professionista che lavora con il computer. Lui è abituato a bulbi, rose, tulipani. E non ha aperto quella maledetta mail che gli cambierà la vita. E infatti il 7 gennaio di questo anno appena aperto il banco, stavolta al mercato delle Cascine, si vede notificare dalla Polizia Municipale la revoca della licenza perchè decaduta. Bisogna chiudere tutto e subito. Non sono state pagate alcune rate dell'occupazione del suolo pubblico del 2011. E in quella mail che lui non ha aperto gli veniva spiegato che doveva saldare questi bollettini.
Appena venuto a conoscenza del fatto corre, il 9 gennaio, all'ufficio postale a versare gli oltre 4500 euro che servivano. Una dimenticanza sanata immediatamente che non gli era stata contestata nei pagamenti 2012 e 2013. Perchè Antonio ha pagato tutto. Non basterà a niente.
Ma oltre al danno la beffa, perchè la Pec è obbligatoria per legge ma a quegli ambulanti che non l'hanno aperta la notifica arriva tramite il messo comunale. Alla vecchia maniera. E quando Antonio Fabiani vede gli altri ricevere gli avvisi e a lui no, tira un sospiro di sollievo. Ma a lui è stata spedita via mail. E nonostante il mancato avviso di ricezione dal Comune di Firenze nessuno si fa vivo se non tramite Posta Elettronica Certificata che Antonio non aprirà fino a quel 7 gennaio.
Non è bastato pagare, Antonio Fabiani non ha più la licenza. Ha presentato tramite il suo legale, l'avvocato Francesco Paolini, il ricorso al Consiglio di Stato. Dovrà ancora aspettare che un giudice si pronunci sulla sua buona fede. Per il Comune di Firenze la storia è chiusa, lui la licenza non la rivedrà da loro.
E intanto non lavora. In Comune riceve "solo pacche sulle spalle" dai tanti dirigenti con cui ha parlato. Solite belle parole di circostanza e poco più. Una vita lavorativa che in un giorno svanisce. Per colpa di una Pec.
E non è ammissibile che di fronte alla buona fede di un uomo che lavora e paga le tasse una casella di posta certificata possa farti chiudere un'attività.
Adesso si muove la politica, il consigliere comunale Pd Michele Pierguidi ha ascoltato a lungo Fabiani rassicurandolo sul suo personale impegno per una situazione che rischia di essere irreversibile. "Questa è una storia assurda - ha detto Pierguidi - che purtroppo ha messo in ginocchio un lavoratore e la sua famiglia. La politica deve saper ascoltare e in questa situazione mi pare che qualcuno abbia fatto orecchie da mercante".
Antonio Fabiani è un uomo, padre di due figli, che da un giorno all'altro non lavora più e deve fare i conti con l'amarezza di una storia che non ha significato se non per i dirigenti del Comune di Firenze.
Ma perchè dopo che ha pagato quanto doveva non può rientrare in possesso della sua licenza?
Eppure sono tutti a conoscenza del fatto. Dall'assessore allo sviluppo economico Sara Biagiotti ai dirigenti lautamente stipendiati del Comune di Firenze che molto avrebbero potuto fare e che invece hanno lasciato scivolare una situazione nell'oblio.
Non ci si lava le mani di storie come questa. Una email non letta non può far perdere il lavoro.
Ma qualcuno, che siede a Palazzo Vecchio negli uffici dello sviluppo economico, si metta una mano sulla coscienza e si chieda se ha davvero fatto tutto per risolvere i problemi di questo uomo, cittadino, lavoratore che mentre state leggendo questo articolo sta mettendo in cassa integrazione il suo dipendente.
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