Il calcio come fumo negli occhi. Sa un pò di analisi post-sessantottina eppure a dirlo è uno dei simboli del gioco più amato, Gigi Buffon. Lo sciopero della serie A è passato, la paura di uno stop ad oltranza non ancora. Soprattutto, non sono rimarginate le ferite. «C'era l'intento di rinviare la prima giornata - è la dura accusa del capitano azzurro dal ritiro dell'Italia - Le interviste di certi politici mi hanno fatto pensare, il sospetto è che dietro ci sia una volontà.
Quando emergono i veri problemi del Paese e la politica litiga sulle riforme, basta sollevare un polverone attorno al calcio e la gente si distrae: in Italia il nostro sport è più importante della politica, ed è una cosa grave». Ne ha un pò per tutti, Buffon. Dirigenti incapaci di gestire rose da 40 calciatori, compagni giovani e viziati, popolo credulone, mass media devianti. Ma la sua accusa mira - pur senza nominarlo - a un rivale di antica data, Roberto Calderoli. La coincidenza di posizioni tra Lega Nord e Lega di A, sostiene, fa pensare; perfino alla volontà di sostituire la rabbia contro una casta con un'altra, i giocatori appunto. Il ministro e il calciatore ingaggiarono un duello già alla vigilia del Mondiale: il primo chiese alla nazionale di rinunciare ai premi e ironizzò sulle prestazioni sudafricane, il secondo si indignò per la pubblicità gratuita e rispose con una clamorosa proposta, devolvere i soldi per un piazzamento alla celebrazione dei 150 anni di Italia unita. Dodici mesi dopo, la sfida si ripete. Argomento, lo sciopero e l'emendamento della Lega (Nord, non quella di A) di raddoppiare la tassa di solidarietà ai calciatori. «Ecco, appunto, è proprio da certe dichiarazioni che mi è nato il sospetto. Siamo cittadini, non ci sottraiamo a nessun dovere fiscale. Ma sia chiaro: non siamo noi o la Figc, non è la Lega a dire quanto dobbiamo pagare. È lo Stato». Parla espressamente di «fumo negli occhi», Buffon. «I problemi dell'Italia sono altri. Poi arriva lo sciopero del calcio - anzi il rinvio di una giornata - e allora ecco che si addossano ai giocatori tante responsabilità, anche più di quante ne hanno. Si sa quale è il bacino di questo sport, e quanto il suo pubblico si faccia condizionare. Sembra scoppiata l'ottava guerra mondiale. Un Paese che fa tutto questo macello non ha un futuro roseo». Ha fondato un sindacato alternativo all'Aic, l'Anc, e tra i suoi scopi c'è quello di dividere le rappresentanze sindacali tra prof e semiprof («un giocatore di C preferisce prendere i suoi 3.000 euro sicuri al mese, piuttosto che sentirsi dare del ricco e viziato e non beccare lo stipendio da prof...»); ma assicura che «noi giocatori ci sentiamo perfettamente rappresentati, non abbiamo spaccature: semmai sta ad altri trovare il grimaldello per riaprire il dialogo». Perchè, ricorda Buffon, «l'accordo era stato fatto, poi c'è stata un'incredibile retromarcia: abbiamo fatto una brutta figura su dettagli, ora c'è il rischio sulla seconda perchè è una questione di orgoglio, come si torna indietro?». Allora la Lega (di A, non Nord) agiva per interessi di altri? «Non spetta a me dirlo: ma provo a guardare oltre il mio naso, ciascuno ha la sua intelligenza e ricostruisce il puzzle». Bene ha fatto la Fiorentina a tutelarsi trattenendo una giornata di stipendio («quando poi si recuperà ci sarà pagamento differito»). D'altra parte se si discute ancora dei fuori rosa «è il segno di un'incapacità di dirigenti che si ritrovano squadre con 30 o 40 giocatori: vuol dire che non hai saputo programmare e cerchi escamotage per non rispettare gli impegni. Non so - prosegue Buffon - se i nostri dirigenti siano mediamente incapaci, ma di fatto all'estero la ricetta è investitori esteri o consolidamento del marchio come per Real o Barca: noi qui stiamo smarrendo la strada». Qualche parte di colpa l'hanno anche i giocatori: «Certi atteggiamenti non fanno bene - dice pensando anche a qualche amico di nazionale - Ma ricordo sempre che sono ragazzi, consapevoli della loro fortuna e anche degli errori quando fanno una goliardata: da lì imparano. Conosco i calciatori dal '95, siamo migliorati per coscienza, grado di informazione, capacità di esprimerci. La nostra immagine, invece, quella no...». Però si cura poco del parere dei tifosi inviperiti per lo sciopero dei ricchi: «Il popolo è molto volubile, dipende anche dalle informazioni dei media: alle volte sono scorrette, d'altronde se la prima reazione allo stop è un sondaggio 'colpa dei giocatori o no?'...Ma c'è chi si informa per farsi un'idea e chi usa i media per indignarsi». Di sicuro, Buffon non ha timore di esprimere opinioni. «Divieto di intervista? Non accetterei intimidazioni - dice a proposito dello stop imposto da qualche club a compagni di azzurro - Magari dopo quest'intervista vado in pensione». Basta non sia pensione-baby. (ANSA).
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