''Il turbamento che grava su di noi ha radici ben piu' profonde di quelle economiche e tocca la consapevolezza che si ha di se stessi, il senso stesso del nostro futuro. A rabbuiare i nostri giorni e' anzitutto la crisi della speranza, che ci rende impotenti di fronte alle nostre molteplici schiavitu'''. Lo ha detto il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze nell'omelia della messa di Natale. ''Se vogliamo essere davvero umani, c'e' un'oppressione da cui dobbiamo uscire, c'e' una violenza che va annientata, letteralmente data 'in pasto al fuoco', c'e' una pace da conquistare come sguardo sereno su noi stessi e sulla realta' intorno. All'oppressione e alla violenza fisica, cui rinvia il testo biblico, con riferimento alle vicende del popolo ebraico in quel tempo, - ha affermato il cardinale Betori - sono succedute forme piu' sottili ma non meno pesanti di sopraffazione. Si manifestano in un pensiero, ampiamente divulgato, dominato dai criteri di utilita' e funzionalita', un pensiero che giunge a dubitare che ogni vita meriti di essere vissuta e che non se ne debba piuttosto invocare la fine quando non raggiunge piu' livelli di produzione e di consumi funzionali al sistema''. Secondo l'arcivescovo di Firenze, ''e' lo stesso pensare diffuso che crea modelli sociali sempre piu' escludenti, che penalizzano i piu' deboli: piccoli e anziani, poveri e malati, quanti restano marginali rispetto ai modelli del raggiungimento a ogni costo di cio' che piace e soddisfa''.
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