Il frenetico rincorrersi dei turni di campionato regala emozioni e responsi contraddittori, pur nella costante di partite scoppiettanti con gol a raffica. Totti, Di Natale e Toni, splendidi protagonisti della terza eta’ calcistica, rappresentano l’eterno ritorno dei goleador di razza, ma anche la dimostrazione che il ricambio di talenti italiani e’ piuttosto farraginoso. Una crisi che invece non sembra lambire ll territorio delle panchine, riserva fruttifera in grado di sfornare professionalita’ di successo. Da Andrea Stramaccioni a Vincenzo Montella (‘rottamatori’ degli equilibri consolidati tra i tecnici di vertice), da Ronaldo Maran a Eusebio Di Francesco, la premiata ditta delle panchine italiane presenta al campionato le sue credenziali sulla scia di una lunga e onorata tradizione. Inter, Fiorentina, Catania e Sassuolo (sorpresa della cadetteria) divertono, vincono e fanno da trampolino di lancio per le diverse ambizioni dei timonieri, che vengono da storie diverse: il grande goleador (Montella), il difensore con un dignitoso passato in provincia che ha raggiunto il successo nella maturita’ (Maran), il centrocampista con una carriera nel segno di Zeman (Di Francesco), un promettente difensore che un terribile infortunio ha cancellato dall’agonismo prima di cominciare (Stramaccioni). E proprio questo brusco stop a 18 anni ha forgiato carattere e convinzioni di Andrea Stramaccioni, che si e’ laureato in legge e da giovane ha guidato esordienti e allievi romanisti allo scudetto di categoria. Poi la rivalita’ con De Rossi senior lo ha convinto a lasciare Trigoria per passare ad Appiano Gentile. In un anno ha bruciato tutte le tappe e si e’ ritrovato a 35 anni sulla panchina maggiore nerazzurra dove ha saputo guadagnare la stima e il rispetto dei veterani e del presidente Moratti in un ambiente inconsolabile vedovo di Mourinho. ‘Strama’, professionista metodico e maniacale nello studio di schemi e avversari, sta costruendo il suo capolavoro: due derby vinti, nove vittorie di fila con ko a una Juve imbattuta da 49 gare, un tridente offensivo delle meraviglie (Cassano, Milito e Palacio) supportato da una squadra intensa che ha le carte in regola per vincere lo scudetto. La carriera da grande campione ha dato un credito a Vincenzo Montella che poi ha saputo sfruttare il vento favorevole in panchina con duttilita’, metodo e umilta’. Il suo grande cruccio e’ quello che, nonostante il buon lavoro fatto in condizioni difficili, la Roma gli abbia preferito prima Luis Enrique e poi Zeman. Ma l’aeroplanino ha cambiato traiettoria e prima ha fatto decollare il Catania e ora sta facendo volare e sognare dopo tanti anni la Fiorentina. Montella, 38 anni, ha creato il giusto mix tra giovani, esperti e nuovi dimostrandosi abile a gestire le tensioni che si creano nell’ambiente: con Jovetic nel motore - salvo gli infortuni tipo quello di ieri - la corsa alla Champions e’ obiettivo possibile. A sostituire bene Montella a Catania e’ stato Ronaldo Maran in un ambiente in cui hanno lavorato bene tecnici alle prime armi con Zenga, Mihajlovic, Simeone. Non piu’ giovanissimo, 59 anni, Maran ha esordito con gli etnei in A dopo avere ben seminato a Varese: l’anno scorso solo la finale dei playoff con la Samp lo ha privato della gioia di una promozione con una squadra non eccezionale. Ex difensore arcigno, Maran ha portato esperienza, fame di vittorie e buon senso gestendo una squadra con tanti piedi buoni argentini che e’ diventata una realta’ del calcio italiano, come ha confermato il 4-0 con la Lazio venuto poco dopo i veleni arbitrali della gara con la Juve. Ad una promozione in serie A aspira Eusebio Di Francesco, tecnico seguace di Zeman, che sta dominando la cadetteria a ritmi da record dopo avere staccato con un divario consistente compagini attrezzate per il salto di categoria. Cosi’ Di Francesco, 43 anni, vuole riscattare il flop di Lecce venuto dopo il buon lavoro fatto a Pescara. E la categoria degli allenatori conferma di non avere problemi di ricambio: molti di loro sperano di poter avere la chance di lavorare in ricchi e importanti club o nazionali estere, come e’ successo a Trapattoni, Capello, Ancelotti, Di Matteo, Mancini, Spalletti. Se il calcio italiano e’ in flessione il credito del metodo italiano in panchina (pur fra recenti alti e bassi) e’ sempre consistente.
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