Dopo anni di lotta, finalmente, arriva un altro passo in avanti per il mondo femminile e per la nostra società: il calcio femminile approda nel mondo professionistico. È un risultato storico, frutto di un lungo iter che terminerà il 1° luglio 2022, quando ufficialmente verranno introdotte le norme. Dalla prossima stagione, quindi, ci saranno grossi cambiamenti: la Serie A femminile cambia il proprio format, ma anche il modo di concepire le condizioni lavorative delle giovani calciatrici italiane, dandole più diritti e tutele.
Un passo importante, un passo che si dovrebbe operare in ogni settore della vita sociale. Spesso il sesso femminile è ricco di pregiudizi e stereotipi che ne accompagnano l’esistenza, condizionandola. Un esempio pratico può essere il mondo dei videogiochi. Ci sono vari problemi che le donne devono affrontare, come atti di sessismo. Ovviamente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma c’è da dire che le donne temono di non essere giudicate in base alla loro bravura e alle loro potenzialità, ma solamente perché sono del sesso opposto. Ancora: i videogiochi vengono considerati prettamente maschili e questo fa sì che le donne tendano a nascondersi o a non sentirsi adatte a quella attività. Lo stesso accade anche nei siti di gioco online. Il gambling per le donne inizialmente era un qualcosa di sconosciuto, un qualcosa che compete solamente l’universo maschile. In realtà non è così. Nel corso degli anni la presenza femminile nei casinò online è aumentata, invertendo la credenza di come il gioco d’azzardo fosse solo per uomini.
Come cambiano le condizioni lavorative delle calciatrici
Una maggior attenzione al calcio femminile la si ha dalla stagione 2018-19, quando i campionati di A e B passano sotto la gestione della FIGC. Lì è iniziata una rivoluzione che ha portato alla decisione di renderlo professionistico. Dal 1° luglio 2022 cambiano le condizioni lavorative: i club dovranno mettere sotto contratto le atlete con accordi che riconoscano contributi previdenziali, un fondo di fine carriera che garantisca la pensione e la maternità. Lo stipendio minimo che dovranno percepire è di 26 mila euro, con stadi di 500 posti in Serie A. Bisogna, però, fare una piccola precisazione: la norma è valevole solamente per il massimo campionato femminile, mentre dalla Serie B a scendere rimarrà dilettantistico.
Un risultato storico e che rende la Federcalcio italiana la prima federazione sportiva nel Bel Paese a riconoscere un movimento sportivo femminile come professionistico. Le 12 società della massima serie vedranno i costi aumentare tra il 60% e l’80%, quindi una spesa in più di 10 milioni.
I contratti professionistici porteranno molti vantaggi: in primis saranno versati Irpef, contributi previdenziali e il fondo di fine carriera (cosa che prima non avveniva), garantendo il diritto alla pensione e alla maternità, nel caso in cui un’atleta decidesse di portare avanti una gravidanza. Gli accordi attualmente in vigore smetteranno di essere validi il 30 giugno e chi non rinnova potrà liberarsi a parametro zero.
Il calcio femminile finalmente compie passi in avanti, la speranza è che possa accadere in altri ambiti sportivi e non solo. Il pallone deve essere un forte esempio per superare le problematiche che affliggono la nostra società, come le diseguaglianze di genere e il razzismo, fenomeno che nel calcio femminile non c’è.
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