Il Sindaco di Firenze Dario Nardella ieri è intervenuto nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio nella cerimonia per 163° anniversario della fondazione del corpo di Polizia Municipale. Nel lungo discorso, il Primo cittadino ha evidenziato come sia necessario rendere più incisivo il cosiddetto Daspo urbano. Secondo Nardella è necessario fare di più per quanto riguarda le misure cautelari e la parificazione del Daspo urbano con quello efficacemente sperimentato negli stadi, che, qualora non sia rispettato, sia consentito l’arresto nei casi di flagranza e prevedere misure coercitive previste dal codice di procedura penale, come l’obbligo di presentarsi agli uffici giudiziari e l’obbligo di dimora. Per questi motivi il Sindaco ha deciso di avviare una campagna, assieme ad altri sindaci, per portare in Parlamento nuove norme che possano migliorare e completare quelle recenti.
Di seguito l'intervento del Sindaco Nardella in merito
“L’impianto normativo prevede una serie di strumenti idonei, la cui corretta e costante applicazione potrebbe effettivamente contribuire, nel medio lungo termine, ad attenuare i disagi lamentati. A Firenze, ad esempio, queste nuove norme sono state utilizzate. Se ricordo bene, il nostro questore Alberto Intini è stato uno dei primi ad applicare il Daspo urbano. […].
Sono tante insomma le novità introdotte dalle nuove norme: dal potere di ordinanza extra ordinem del sindaco alle disposizioni in materia di orari dei pubblici esercizi, la cui violazione viene efficacemente punita ed estesa anche agli esercizi cosiddetti di vicinato; dal numero unico europeo alla connessione delle sale operative, al deturpamento e imbrattamento, fino al tanto auspicato arresto differito esteso oltre che ai reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, anche a quelli compiuti in occasione delle pubbliche manifestazioni di piazza.
Bisogna tuttavia evidenziare una lacuna, credo che questa sia l’occasione per dirlo; una lacuna che meriterebbe di essere colmata per rendere più incisivo lo strumento del cosiddetto Daspo urbano, introdotto all’art. 10 della legge di conversione del decreto Minniti.
Allo scopo infatti di tutelare il decoro di particolari aeree urbane ritenute per varie ragioni sensibili, sono state opportunamente introdotte delle misure di contrasto a quelle condotte che, pur non integrando violazioni di legge, compromettono la piena e corretta fruibilità degli spazi pubblici. In queste ipotesi, oltre all’irrogazione di una sanzione, l’organo accertatore ordina l’allontanamento da quel luogo. Nel caso reiterazioni del comportamento, il questore può provvedere, in analogia a quanto già sperimentato con successo negli stadi, all’emanazione di un Daspo di durata variabile a seconda dei casi.
L’ulteriore violazione è punita, nei casi più gravi, solamente con una sanzione amministrativa da 10.000 a 40.000 euro, quando mai si dovesse riscuotere, e la sospensione della patente da sei mesi ad un anno. Tale circostanza rende di fatto la norma piuttosto inefficace e non la caratterizza, come nelle intenzioni, salvo alcuni marginali profili, dal tradizionale foglio di via obbligatorio, il quale prevede peraltro l’allontanamento dall’intero Comune. […].
Oggi le forze dell’ordine fanno un grande lavoro nel contrasto alla criminalità e in particolare alla criminalità predatoria ma dobbiamo chiederci se il nostro sistema, norme e applicazione, funziona. È davvero efficace come auspichiamo? Svolge quella funzione preventiva? Mi ha impressionato l’articolo di ieri sul pusher di Santo spirito arrestato già 4 volte nel 2017 e nuovamente libero. Libero di spacciare. Libero di circolare nello stesso quartiere. E vi sono molti altri casi di questo tipo che, a causa di un sistema repressivo inadeguato, finiscono per ingenerare una diffusa sfiducia nei cittadini e finanche un senso di frustrazione tra gli agenti di polizia di tutti i Corpi. Dobbiamo dare un giudizio positivo comunque alla legge 103 che ha convertito il decreto Orlando, che inasprisce le pene per i reati di criminalità predatoria, come il furto in appartamento, lo scippo, la rapina aggravata. Ma credo che si possa fare ancora di più sul fronte delle misure cautelari. Ovviamente nel pieno rispetto dei giudici, che sono poi gli ultimi e gli unici a decidere sulla loro intensità e applicazione. Se penso a spaccio, furti e atti di aggressione, reati di prossimità che contribuiscono pesantemente ad aumentare la percezione diffusa di insicurezza in tutte le grandi città, credo che si possano creare le condizioni per un maggiore ricorso alle misure cautelari come del resto, mi pare, si sia proposto nel progetto di legge sulle truffe agli anziani, che è stato recentemente approvato alla Camera e prossimamente in discussione al Senato.
Vi sono dunque due aspetti sui quali il legislatore deve fare uno sforzo in più per conferire un vero effetto deterrente, anche alle nuove norme di cui abbiamo parlato, con l’obiettivo di rafforzare l’efficacia e l’effettività della pena e dare ai nostri agenti anche ancora più motivazione ed energia a sentirsi parte di una strategia generale di contrasto ai reati delle nostre città.
Da un lato mi riferisco alla necessità di prevedere un più facile ricorso alle misure cautelari, dall’altro, in relazione alla legge di conversione del DL di polizia urbana, alla parificazione del Daspo urbano con quello efficacemente sperimentato negli stadi, spingendoci a prevedere, come in quel caso, che nei confronti delle persone che contravvengono al divieto di cui sopra, è consentito l’arresto nei casi di flagranza e, nell’udienza di convalida dell’arresto, prevedere, se ne ricorrono i presupposti, l’applicazione delle misure coercitive previste dal codice di procedura penale, come l’obbligo di presentarsi agli uffici giudiziari e l’obbligo di dimora.
Per questi motivi, ho deciso di avviare una campagna, anche con molti altri colleghi sindaci, per portare in Parlamento nuove norme che possano migliorare, implementare e completare quelle recenti e che abbiano al centro questo duplice obiettivo, fino anche a prevedere una raccolta di firme per una iniziativa di legge popolare.
Ho già avuto modo di condividere questa iniziativa con alcuni colleghi parlamentari, come l’onorevole David Ermini, giuristi esperti della materia, e colleghi sindaci che conoscono molto da vicino questi tipi di problemi.
Non possiamo permettere che il nesso di fiducia che unisce i cittadini alle Istituzioni, locali e nazionali, alle forze dell’ordine, alla base del nostro sistema democratico, venga minato da un diffuso senso di impotenza, fragilità, da una costante esposizione al rischio personale. È un sentimento che peraltro viene spesso irresponsabilmente strumentalizzato da movimenti e forze politiche, che sono pronte a lucrare sulla paura per alimentare campagne estremiste e perfino iniziative sovversive, come le ronde spontanee o la rincorsa alle armi per l’autodifesa.
Nulla di peggio di tutto ciò. Io resto convinto, e lo dico da rappresentante dell’Istituzione,
che l’unica strada sia la democrazia e la legalità. Ma questa strada va percorsa con decisione e tenacia. Non esiste libertà democratica senza legalità e solo le Istituzioni e le forze dell’ordine sono depositarie del durissimo compito di garantire la legalità e la sicurezza. Più volte, da sindaco, ho constatato che una comunità più sicura è una comunità più libera e che la sicurezza non è una bandiera politica da sventolare all’occorrenza, ma un diritto fondamentale di ogni cittadino”.
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