"Farò il possibile per aiutare" i migranti che hanno occupato l'edificio, "perché non voglio che venga ulteriormente svilita la loro dignità". Lo ha detto padre Ennio Brovedani, direttore della fondazione Stensen proprietaria dell'immobile di Firenze occupato da circa cento migranti, dopo il rogo del capannone dell'ex mobilificio Aizzone dove vivevano a Sesto Fiorentino.
Ieri pomeriggio, nel corso di una conferenza stampa, i migranti hanno chiesto a padre Brovedani di fare da mediatore per tentare la strada del dialogo con le istituzioni. "Mi chiedono di essere un mediatore - ha aggiunto -, non è una cosa facile, la situazione è complessa e richiede competenze e capacità". "Non voglio chiedere lo sgombero - ha detto ribadendo quanto già affermato nei giorni scorsi - perché bisogna trovare una soluzione ragionevole".
Sulla vicenda dei migranti che vivevano nell'ex mobilificio oggi è intervenuto anche il Movimento di lotta per la casa, che ha guidato l'occupazione dello stabile di via Spaventa. "La vicenda dei rifugiati somali - si legge in un comunicato - mette a nudo l'ipocrisia e la falsità del moderno welfare sociale", "lo spreco di risorse da un lato" e "l'arricchimento delle cooperative dall'altro".
"Accettiamo di parlare con tutti, ma vogliamo essere noi a discutere dei nostri problemi" ha affermato uno degli occupanti, Mohamed Alì, originario della Sierra Leone, rispondendo alle domande dei giornalisti sulla disponibilità dei migranti ad accettare le sistemazioni alternative offerte dalle istituzioni. "Non rimarremo qui per sempre - ha proseguito - lo faremo fino a che lo Stato non ci offrirà una proposta che possiamo valutare bene". "Possiamo anche venire divisi questo non ci importa, purché le soluzioni che ci vengono offerte non siano temporanee", ha aggiunto Mohamed, chiedendo inoltre a padre Brovedani, presente tra il pubblico della conferenza stampa, di essere un mediatore tra gli occupanti e le istituzioni.
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