Tanti quelli rimasti fuori stasera dal cinema Principe per il film documentario di Germano Maccioni su Giovanni Lindo Ferretti, addirittura è stata necessaria una seconda proiezione per accontentare tutti gli accorsi. In sala anche il regista e il protagostista di 'Fedele alla Linea'. Colpiscono in apertura le parole di un giovanissimo Ferretti: "Sono stato allevato cattolico e felice". Fanno tornare alla mente le parole di papa Francesco: "I cristiani non possono essere tristi".
Così la vita del cantautore, piena di successi e di sofferenze, si svolge tra gli anni della contestazione, Lotta Continua, il punk filosovietico a Berlino, per poi tornare da dove tutto è cominciato. Alle radici, alla montagna, alla Fede. "Solo gli sciocchi pensano che dirsi cattolici sia una dichiarazione ideologica". Il suo ritorno alla religione infatti ha deluso tanti suoi ammiratori. Nell'età giovanile, quando era estremista, aveva individuato il male nella famiglia e nella tradizone. Fatti generazionali, con cui ognuno di noi si trova a fare i conti, ma come ammette lui stesso: "Non si può vivere senza famiglia e senza Chiesa".
Il regista regala belle immagini, l'appenino tosco-emiliano, brullo e ingeneroso soprattutto d'inverno, i cavalli che Giovanni alleva con passione e poi l'idea folle del Teatro Equestre Barbarico Montano, opera epica che narra il legame millenario tra uomini, cavalli e montagne. "Geniale come i CCCP", afferma Maccioni, che confessa: "dovevamo fare un film sui cavalli", ma si sa, l'opera prende vita man mano che la si crea e diventa in questo caso qualcosa di altamente spirituale.
Semplice e toccante il rapporto con la morte. Il cantautore ricorda, quando ancora bimbo, la nonna (una seconda mamma), lo porta a vedere un morto. "E' un nostro parente, adesso - gli dice - lo devi baciare". Giovanni ubbidisce, sente il freddo, il ghiaccio, ma da allora capirà come la morte sia parte integrante di ciascuno di noi. Non fa paura. Non è oscena. Esiste e tocca a tutti.
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