Dopo aver sviscerato ampiamente il pianeta escort a Firenze cerchiamo di approfondire il tema della prostituzione dal punto di vista sociale. Lo facciamo con Maria Casalini, docente di Storia Contemporanea all'Università di Firenze, autrice del saggio 'Da Cavour a Lina Merlin. Prostituzione, identità nazionale e ruoli di genere'.
Professoressa, il binomio sesso politica percorre tutti i periodi storici molto spesso in un connubio perverso tra chi detiene il potere e chi ambisce a fare carriera. Sono sempre più le ragazze che spinte dalla necessità o dalla convenienza mercificano il proprio corpo. Secondo lei sono vittime del potere? Qual è il ruolo della donna oggi?
A “mettere sul mercato” la “ parte migliore di sé” mi pare che siano in molti, e non solo donne… (in proposito è davvero arguta l’analisi del” populismo culturale” dell’era berlusconiana di Enrica Asquer). Sul fatto chele donne che “mercificano il proprio corpo” siano sempre di più non sarei tanto d’accordo: in realtà bisogna vedere di che forma di mercimonio si tratta: è ovvio che il caso escort è ben diverso da quello delle tante immigrate costrette a battere il marciapiede… Ciò non toglie che gli ultimi decenni hanno registrato delle novità significative, che secondo me però ancora una volta riguardano solo in maniera indiretta le donne. La prima novità è stata quella della immagine dominante di un leader politico nelle vesti del “sultano”, circondato da uno stuolo di concubine/olgettine: caso assolutamente unico in occidente. E se si trattasse solo di un caso di “malattia” – come l’ha definita la ex moglie – senile, non ci sarebbe niente da dire. Quello che secondo me è più interessante non è tanto il caso singolo di Silvio Berlusconi, quanto il fatto che si tratta di un “harem esibito” e soprattutto di una esibizione di “sfarzo di sesso mercenario” che ha suscitato più l’invidia che la riprovazione da parte di molti italiani! In altre parole, ciò che altrove sarebbe restato accuratamente occultato, nel nostra paese è diventato oggetto di vanto e di vera e propria ammirazione – e evidentemente di emulazione (ovviamente a seconda delle proprie possibilità). E’ questa a mio avviso una specificità italiana. L’altra è il collegamento tra “mercificazione del corpo” (continuiamo a chiamarla così) e carriera politica. Anche questa, a mio avviso, una novità , forse la più “eversiva”. Ho studiato a lungo la storia della politica italiana e soprattutto i rapporti tra donne e partiti e non ho mai trovato traccia, in passato, di uno scambio diretto tra sesso a pagamento e carriere politiche – non era semplicemente pensabile…! Ogni commento sarebbe superfluo. Quello che mi sembra comunque osservabile, sulla base dei rilevamenti statistici a carattere comparativo è che le donne italiane, non meno istruite delle europee, continuano ad essere penalizzate sul fronte dell’occupazione, rispetto agli altri paesi, e la distanza si fa ancora maggiore se si prendono in considerazione lavori qualificati e di carattere dirigenziale. Per non parlare del rapporto tra donne e politica: non molti sanno che la presenza di donne in parlamento è andata costantemente diminuendo dal 1946 in poi.
Il Regolamento Cavour del 1860 è la prima normativa dell'Italia unita per quanto riguarda l'attività di meretricio. All'epoca si attuava la prassi dell'iscrizione coatta delle sospette prostitute (spesso immigrate arrivate in città per lavoro) nell'Albo delle tollerate, decretandone l'espulsione dalla società civile. La prostituta cavouriana - come lei afferma - veniva criminalizzata e legalizzata allo stesso tempo. La legislazione attuale punisce lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione, chi vende il proprio corpo invece non commette reato. Almeno la Giurisprudenza qualche passo in avanti l'ha fatto.
In realtà il fatto di non criminalizzare la prostituzione non è affatto nuovo, anzi direi che è più vecchio del regolamento Cavour. Nel Granducato di Toscana ad esempio non esisteva, come ha osservato Michela Turno, una normativa precisa per quanto riguardava la prostituzione: in proposito parla testualmente di “disimpegno istituzionale”. In parole povere era “normale” che se una ragazza non aveva di che vivere potesse ricorrere alla prostituzione: non per questo veniva emarginata dalla società civile né tanto meno era considerata una “delinquente”. La violenza del regolamento Cavour, ancora una volta, non ha pari in Europa.
Nelle relazioni di genere in epoca risorgimentale a imperare è sempre la doppiezza. Da una
parte le mogli: virtuose, docili, a cui il sesso è riservato solo per la procreazione, dall'altra la prostituta che rappresenta la versione sesso/piacere. Lei definisce questa classificazione una rassicurazione efficace per un immaginario maschile spesso tormentato da una subdola ansia da prestazione. Da allora ad oggi cosa è cambiato?
Qui si fa davvero presto a rispondere: penso che non sia cambiato molto. Sono convinta però che le nuove generazioni , almeno da questo punto di vista, siano in grado di cambiare rotta.
Leggendo il suo saggio mi è parso di capire che la situazione per le 'donne di vita' migliora leggermente durante il fascismo. Cade definitivamente un aspetto che lei definisce odioso, cioè l'imposizione alle sole donne del controllo sanitario e si rafforzano i provvedimenti mirati alla redenzione delle prostitute per salvaguardarle dai tenutari e per garantirle di disporre liberamente dei loro introiti. Cambia anche il sentire comune rispetto all'epoca risorgimentale, non ci si vergogna più del peccato incoffessabile ma anzi si ostenta una focosa virilità che diventa motivo di vanto da condividere esclusivamente all’interno di un gruppo di altri maschi: è da loro più che dalle donne che si cerca approvazione e compiacimento. Non crede che questo bisogno spasmodico di mostrare e dimostrare la propria virilità sia ancor più presente nella nostra epoca? Perché secondo lei?
A questa domanda mi pare di avere già risposto prima. Per quanto riguarda il fascismo, in questo come in altri campi, in tema di mentalità collettiva, a me sembra una realtà molto più complessa e contraddittoria di quanto si è soliti pensare. Ad esempio spesso di afferma che le norme sulla prostituzione si erano fatte più rigide, ma appunto, non è così. Direi piuttosto che il rapporto con la casa di tolleranza diventa uno dei simboli della doppia faccia del regime: “concordataria” e perbenista da un lato, godereccia e machista dall’altro.
La prostituzione di Stato viene smantellata dalla legge Merlin del 1958, una norma che ha il merito di eliminare le differenze tra donne. Grazie alla senatrice socialista non esiste più la donna di serie B, quella marchiata. Perché la definisce 'rivoluzione’ incompiuta'?
La legge Merlin è a mio avviso l’unico provvedimento del dopoguerra (si fa per dire perché la battaglia parlamentare della senatrice socialista sarebbe durata ben dieci anni e la legge sarà approvata solo nel 1958) che ha davvero un significato “rivoluzionario” sul piano della costruzione dei rapporti di genere. L’abolizione del resto dello “Stato lenone” – come si diceva allora –, la cancellazione dello scandalo di un potere costituito che offre sul mercato, garantendone la “qualità”, carne umana da utilizzare senza rischi per la salute, non è altro che la sanzione del rispetto di uno dei diritti fondamentali dell’individuo. Sul piano dei rapporti tra i sessi è un tentativo, se non altro, di eliminare la legittimazione, sul piano legale, della doppia morale. Anche qui il confronto con gli altri paesi d’Europa è eloquente: l’Italia sarà l’ultima dei pesi democratici ad abolire la prostituzione di stato. Perché la definisco una rivoluzione incompiuta è facile da dirsi: perché la legge viene accolta malissimo dagli italiani e – quello che colpisce forse di più - dalle italiane! Le inchieste parlano chiaro in proposito: secondo i dati della DOXA solo il 10% degli intervistati considera con favore la legge75. ripeto – delle case di tolleranza. Se poi si pensa che secondo un sondaggio di Datamedia ancora nel 1996 l’81% degli intervistati è favorevole alle case chiuse, il fallimento della battaglia della Merlin non può essere più evidente! Che gli uomini, in altre parole, si sentano privati di una sorta di legittimazione della propria assoluta liceità sessuale appare comprensibile. Che le donne stesse si mostrino contrariate da un provvedimento teso a restituire “dignità” al proprio sesso lo è indubbiamente meno.
Nei giorni scorsi è arrivata la proposta della senatrice PD Maria Spilabotte che attraverso un disegno di legge intende regolamentare l'attività di meretricio. Le prostitute saranno iscritte alla Camera di Commercio dotate di una partita Iva, un certificato di qualità e anche della possibilità di metter su delle cooperative attraverso le quali esercitare la professione. Che ne pensa?
E’ la strada che è stata imboccata un po’ ovunque, mi pare. Credo che non ce ne siano altre. Quello che vorrei sottolineare ancora una volta è il fatto che, quando parliamo di prostituzione, pensiamo sempre alle donne, come se fosse un problema loro… In realtà, a mio avviso, è esattamente il contrario. La prostituzione non è altro che la risposta (comprensibile) ad un certo tipo di “domanda”. E’ su quel fronte, sulle origini psicologiche di un appagamento sessuale di questo tipo che dovremmo invece riflettere. Certo qui il discorso si farebbe più lungo, andando a scavare in profondità nella costituzione stessa del nostro modello culturale. Ciò non toglie che credo sarebbe l’unica strada da percorrere se prima o poi volessimo davvero smettere di “scandalizzarci” perché tante donne battono il marciapiede. Il fenomeno escort ovviamente è - ripeto - altra cosa: credo entrino in gioco anche componenti nuove più legate alla stagione politica e culturale che si è appena conclusa.