Un respiro di giustizia, lo stesso respiro che fu tolto a Riccardo Magherini la notte tra il 2 e 3 marzo 2014, durante un arresto dei carabinieri in borgo San Frediano a Firenze. Un’agonia testimoniata da video e dichiarazioni che in Italia non hanno incredibilmente trovato giustizia.
Si può definire così la notizia che arriva da Strasburgo, rilanciata stamani sulla prima pagina di Repubblica da Luigi Manconi, ex senatore e Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.
Manconi racconta come vi sia una richiesta “della Corte europea dei diritti umani (Cedu)”, dopo aver dato luogo ad un preliminare vaglio di ricevibilità del ricorso dei familiari di Riccardo Magherini, difesi a Strasburgo dagli avvocati Fabio Anselmo e Antonella Mascia, “il governo italiano deve rispondere ad alcuni interrogativi a proposito della legittimità di quella tecnica di fermo; e del fatto che essa possa mettere in pericolo i fondamentali diritti della persona, innanzitutto quello alla vita” si legge nell’articolo.
Il Governo ha tempo fino al prossimo 27 aprile per fornire risposte adeguate. In particolare spiega Manconi dovrà, spiegare se, "come ha scritto la Corte, questo può diventare un “impact case”: ossia un caso relativo a una questione emergente che attiene ai diritti umani; o un caso la cui conclusione potrebbe determinare un cambiamento nell’attuale legislazione”.
“Si tratta - si legge ancora nell’articolo del senatore - di una comunicazione al governo, che annuncia l’apertura di un procedimento a carico dell’Italia: un vero e proprio “atto di accusa” contro gli apparati del controllo e della repressione e contro la politica che li governa".
Al Governo italiano viene chiesto se “l’uso della forza da parte dei carabinieri è stato “assolutamente necessario e strettamente proporzionato” al raggiungimento dello scopo perseguito (il contenimento della persona fermata). Se le autorità pubbliche hanno garantito che fosse tutelata dagli operatori la particolare condizione di vulnerabilità del soggetto in questione. Se le stesse autorità possono dimostrare di aver fornito agli agenti che operano in circostanze simili una formazione adeguata, capace di evitare abusi e trattamenti inumani e degradanti".
Manconi parla di Codice Floyd applicato anche nel caso di Riccardo Magherini. La storia dell’uomo ucciso durante un arresto nel maggio 2020 a Minneapolis, negli Usa. Il video dell’arresto fece il giro del mondo. Nelle immagini si vedeva un agente che teneva immobilizzato l’uomo tenendo per nove minuti il suo ginocchio sul collo.
Una dinamica, purtroppo, molto simile a quella che ha portato alla morte di Riccardo.
"Il ricorso al “codice Floyd” - prosegue Manconi - è risultato essenziale nel determinare la morte del fermato. Evidentemente, ciò ha una relazione diretta con i programmi di formazione degli operatori di polizia. Il 30 gennaio 2014, una circolare del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, raccomandava di evitare “i rischi derivanti da immobilizzazioni protratte, specie se a terra in posizione prona”. E si chiariva che “la compressione toracica può costituire causa di asfissia posturale”. Un mese dopo, la morte di Magherini” continua l’articolo di Repubblica.
“Nel 2016, a processo in corso, la circolare venne sostituita da un altro testo nel quale venivano eliminate le avvertenze sui rischi che può provocare “l’ammanettamento nella posizione prona a terra”.
In maniera incredibile la famiglia Magherini in Italia non ha ottenuto giustizia, visto l’annullamento, senza rinvio, delle condanne di primo grado e Appello per tre carabinieri, ordinato dalla Corte di Cassazione nel Novembre 2018.
Una vicenda che si avvicina verso un bagliore di giustizia, soltanto grazie all’amore e alla forza della famiglia, unita alla professionalità del team di avvocati.
Adesso è arrivato il momento di crederci.
Perchè, come ha detto l'avvocato Fabio Anselmo a Repubblica, "finalmente l’Italia dovrà rendere conto della morte di un giovane uomo che chiedeva aiuto e della cattiva giustizia riservatagli".
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