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Ieri: Susanna Camusso a Palazzo Medici Riccardi

E' ora di concedere la parità agli uomini!

Un lavoro a misura di donna
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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Parlare di donne non è mai facile, men che meno in questi giorni, troppo spesso si cade in quella retorica femminista che fa dell'essere donna sempre e comunque una virtù, che esige una ancora non raggiunta parità tra i sessi, senza che si abbia ben chiaro cosa contempli la tanto sbandierata parità, chi la determina e soprattutto a chi davvero reca vantaggio. Meglio sarebbe allora parlare di libertà? E se si, della 'libertà di' o della 'libertà da' ? Anche a voler passare da qui il terreno si fa impervio: il rischio è arrivare a giustificare tutto, a non condannare più nulla. Niente è giusto di per sé, come niente è sbagliato, il libero arbitrio prima di tutto. L'abuso di potere esercitato da un uomo ricchissimo e per giunta Capo del Governo, il suo delirio di onnipotenza, esasperato da quella malattia contemporanea che va sotto il nome di 'incapacità ad invecchiare' giustifica forse l'arrivismo spietato, l'avere come unico valore il denaro in nome del quale tutto si può e si deve? La domanda così posta non piace a Susanna Camusso, presente ieri a Palazzo Medici Riccardi in occasione dell'incontro 'Sebben che siamo donne': “Vederla in questi termini - dice- significa assumere ancora una volta il punto di vista maschile; non quelle ragazze costituiscono l'esempio, ma è il Governo nei panni del Presidente del Consiglio che dovrebbe assurgere a questo ruolo. La libertà delle donne è il metro della democrazia, parlarne adesso, in questo particolare momento, diventa assai rischioso perché inevitabilmente ci viene chiesto se davvero tutte le strade sono percorribili, sono lecite. Beh io dico di si, che è necessario assumersi il rischio”. Ma forse ciò che è più interessante nel discorso della Camusso è l'analisi da lei fatta sul rapporto donne-lavoro: “Il pensiero femminista si è fermato alle soglie del lavoro. E' un vuoto che dura da troppo tempo, forse solo ora si comincia a ragionare. Tutte abbiamo partecipato alla parità perché non avevamo un modello nostro da proporre”. E' ora dunque che il criterio venga rovesciato: non aspirare a un'equiparazione dei ruoli in cui il metro di misura è ancora una volta quello maschile, dove il massimo che una donna può fare è tentare disperatamente di adeguarsi, di rincorrere affannosamente il modello vigente fino a vestire i panni di un uomo, sperando così che nessuno noti più la differenza. E' giunto il tempo che il sistema lavoro inizi a essere tarato su una donna. “Auspico - continua la Camusso – che venga finalmente imposto all'uomo l'obbligo della paternità; così da rompere una volta per tutte con quel pregiudizio, quel retropensiero per cui qualunque lavoro una donna faccia prima o poi sarà distratta dall'arrivo di un figlio. Bisogna che anche l'uomo sia messo in condizione di essere soggetto allo stesso pregiudizio”. In quello che dovrebbe essere un modello femminile la variabile del tempo diventa fondamentale. Le donne, come è noto, devono conciliare più cose insieme: lavoro, casa, famiglia (spesso sia quella d'origine, che quella di neo formazione). Le statistiche ci dicono da tempo che le ragazze rispetto ai ragazzi si laureano prima e con punteggi più alti. Allora perché quando si entra nel mondo del lavoro si assiste a una radicale inversione di tendenza? La spiegazione della Segretaria Cgil è che una volta varcata la soglia del lavoro “il metro di misura non è più il merito ma il tempo: un uomo deve essere sempre disponibile a intrattenersi col capo, per fumare una sigaretta, per parlare di calcio, a rispondere in tempo reale a ogni mail perché se aspetti qualche ora...è già vecchia”. Qui la Camusso veste la sua analisi di un certo sarcasmo ma anche di un indiscutibile realismo, che è ormai sotto gli occhi di tutti: “Avete fatto caso che con l'esplodere dei social network tutti i menager, gli uomini politici poi non ne parliamo, aggiornano in tempo reale il loro 'stato' raccontando minuto per minuto la loro giornata? Non credo che sia così necessario che tutto ma proprio tutto debba essere on-line e al secondo! Non è che qualunque lavoro si faccia, il non rispondere immediatamente a una mail, abbia come diretta conseguenza la non partenza di un missile Nasa!”. Già, agli uomini tutto questo è concesso, possono permetterselo, perché a tutto il resto, cioè alle loro relazioni affettive, alla gestione logistica e pratica della casa nel frattempo ci pensa qualcun'altra. Ecco perché urge riportare l'efficienza in termini di contenuti al primo posto, il tempo deve essere una variabile secondaria e la competizione spostata in alto; qui entrano in campo le donne con il loro talento. Impossibile poi quando si parla di donne e lavoro non toccare il tema della precarietà e della flessibilità: “Certo che le donne hanno bisogno della flessibilità, perché devono conciliare più cose. Ma questo non deve tradursi in una perenne precarietà. Il lavoro a tempo determinato non solo è deleterio perché genera un continuo stato di ansia ma lo è anche da un punto di vista economico: che qualità si può garantire quando si vive costantemente con l'incertezza che il contratto ti venga rinnovato di lì a 3 mesi?”. L'Italia continua a perdere posizioni nella classifica delle pari opportunità tra uomini e donne:  nel rapporto 2010 del World Economic Forum - con il suo 74mo posto (su 134 Paesi analizzati), è il fanalino di coda dell'Unione Europea. Ma più ancora dei dati e delle classifiche c'è un fenomeno troppo spesso passato inosservato e che invece la Camusso rileva e cioè il totale fallimento in Italia del multiculturalismo, a danno in particolare delle donne. Stiamo assistendo in questi giorni a una vera e propria rivoluzione in Egitto, e tantissime sono le donne che scendono in piazza, la maggior parte di loro ha il capo scoperto. “Da noi le egiziane non solo hanno ancora il volto coperto, ma stanno chiuse in casa aspettando che i loro ragazzi sostengano gli esami attraverso le ambasciate egiziane, perché non ammessi nei regolari percorsi di studio. Mi colpisce che in un paese in cui vige la dittatura si sia prodotta una emancipazione che invece è ferma se non addirittura regredita, in un paese libero e democratico come il nostro”.

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