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chi l'ha visto

Magherini, parla un testimone: "Cinque o sei calci sull'addome. Due in viso". Ma il legale dei carabinieri: "I calci li hanno presi i militari"

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Immagine articolo - Il sito d'Italia

“I Carabinieri gli erano tutti e quattro addosso. Il più robusto di loro, rasato, era in piedi premendo i suoi piedi contro i polpacci e e le ginocchia di Riccardo. Un altro pigiava sulla schiena vicino alle spalle con tutte e due le mani per tenerlo basso. Un terzo teneva le due mani immobilizzate sul fondoschiena pigiandolo per farlo abbassare e il quarto che mi sembrava il più anziano e forse il più alto in grado gli teneva la testa immobilizzata con tutte e due le mani pigiandola contro l'asfalto e un ginocchio sul collo. In questa posizione Magherini è stato ammanettato. Durante questa operazione c'era confusione: i carabinieri usavano molta forza sul corpo di Magherini e si muovevano. Da quest'ultima posizione il carabiniere che stava sulle gambe si è spostato e ha tirato almeno 5 o sei calci nell'addome di Magherini. Sono sicuro di aver visto tirare anche due calci nel viso di Magherini ma nella confusione non saprei dire chi sia stato a tirarli. Non saprei quantificare la forza dei calci ma ne ho sentito chiaramente il rumore dalla mia posizione, ovvero a 5 metri di distanza. A questo punto, quando ho visto il carabiniere tirare i calci ho detto "No i calci no! Questa persona ha bisogno di un'ambulanza, ci vuole un sedativo".

 

Queste sono le parole, agli atti nel fascicolo del pm Luigi Bocciolini, di uno dei testimoni oculari della morte di Riccardo Magherini avvenuta il 3 marzo scorso durante un fermo dei carabinieri in Borgo San Frediano a Firenze. Per questa morte la Procura della Repubblica di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro carabinieri intervenuti e per i tre operatori della prima ambulanza giunta sul posto. L'accusa per tutti è quella di omicidio colposo. Ad un carabiniere vengono anche constestate le percosse.

 

Una descrizione minuziosa fatta da chi ha visto quelle drammatiche sequenze da 5 metri. La testimonianza, letta a Chi l'ha visto su Rai tre ieri sera nel corso della puntata in cui erano ospiti Guido e Andrea Magherini, padre e fratello di Riccardo, è solo l'ultima di una serie di dichiarazioni che lasciano pochi dubbi sui fatti di quella sera.

 

Persone “indimidite” nelle ore successive alle indagini, quando si trattava di verbalizzare i passaggi “dei calci subiti da Riccardo Magherini”, ma soprattutto persone che erano testimoni oculari di quanto accaduto.

 

Non una persona, molte. Molte che raccontano dettagli convergenti in un'unica direzione. Nessun amico di Riccardo Magherini. Nessuna di queste persone lo conosceva, se non al massimo di vista. Del resto aveva un negozio in quella via dove troverà la morte.

 

Eppure queste testimonianze “non sono granchè attendibili” secondo l'avvocato difensore dei carabinieri Francesco Maresca intervistato ieri sera da RaiTre.

 

“Non ci sono stati calci – ha proseguito Maresca parlando delle modalità d'arresto previste dal protoccolo dell'Arma e che secondo la procura sarebbe stato violato dai carabinieri – bisognerà parlare di chi è quella voce che dice “no i calci no” (del testimone, ndr) perchè il commento lo possiamo riferire ad uno dei militari perchè c'è stata la reazione con i calci da parte del Magherini”.

 

Ma la voce è di quel testimone che parla nei video amatoriali diffusi. Lo conferma lui, lo confermano altri testimoni oculari che testimoniano anche i calci tirati a Magherini.

 

Poi però l'avvocato Maresca si contraddice parlando di un “protocollo che non prevede calci salvo non siano finalizzati ad un'attività di costrizione del soggetto” e imbarazzato “spiega la necessità di bloccare il soggetto, senza i calci che il protocollo non prevede"  specificando che i suoi "assistiti non hanno agito pressioni sul Magherini”.

 

Dopo quei calci e quelle pressioni con un ginocchio sulla schiena, testimoniate da molte persone presenti sul posto, Magherini non si muoverà più. La sua ossimetria alle 1.33, all'arrivo della prima ambulanza, è zero. E' l'unica operazione consentita a quei volontari.

 

“I miei assistiti hanno chiesto di togliere le manette e di girare la persona ammanettata ma gli è stato risposto di no perchè la persona era pericolosa” è quanto sostiene l'avvocato Massimiliano Manzo difensore dei tre operatori del 118 per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio.

 

“Non lo fanno perchè ritengo che questa sia una decisione più collegata all'intervento sanitario più che a quello dei carabinieri, sulle manette ho ricostruzioni completamente diverse”. Risponde a distanza il legale dei carabinieri Francesco Maresca. “Ma il massaggio cardiaco è iniziato a manette inserite” specifica l'avvocato Manzo “perchè non trovavano le chiavi che erano in una delle auto dei carabinieri”.

 

Ecco qua, posizioni contrapposte tra legali ma testimonianze convergenti che contraddicono totalmente almeno la versione del difensore dei quattro carabinieri. Sarà in aula durante il processo che si giocheranno le carte che accerteranno la verità su quella notte. Il lavoro degli avvocati è un lavoro difficile. Difficilissimo. Specie in questi casi. Il garantismo deve essere la base di approccio alla giustizia. Ma anche informare su quello che è accaduto può contribuire alla verità.

 

E se ci possiamo permettere, vedere uomini e donne senza secondi fini che raccontano con dovizia di particolari quello che accade; uomini e donne che vedranno Magherini per la loro prima e ultima volta quella notte, ecco il loro racconto turbato e sgomento deve solo lasciare spazio alla verità e alla giustizia. E anche se in un'aula di processo queste parole valgono quanto quelle di un avvocato difensore, davanti agli occhi di chi osserva e si fa un'opinione di quello che è successo a Riccardo Magherini non possono che apparire come la verità.

 

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