Stamani, sulle colonne de La Repubblica, Benedetto Ferrara, notissima penna del giornalismo sportivo fiorentino, ha pubblicato un interessante articolo dal titolo "Fiorentina, eutanasia di un amore affari in calo e crisi di risultati". Eccone qui un estratto per i lettori de Il Sito di Firenze.
...Anche se nel frattempo il calcio è cambiato, le tv ne hanno rivoluzionato i tratti, i potenti hanno organizzato l’affare attraverso i classici cartelli di interesse e noi, dopo aver provato a fare la rivoluzione forti di una orgogliosa diversità, nel giro di un anno ci siamo adeguati al cambio di passo secondo lo slogan: o si fa la cittadella o niente sogni di gloria. Quindi, alla fine, prepariamoci a giorni di sogni normalizzati. Tutto giusto, razionale e sensato, tanto più che i Della Valle sono imprenditori di successo, persone di cui fidarsi. E così nel dibattito quotidiano sul web o via etere, abbiamo passato più di un anno a discutere di scudetti virtuali, di progetti immobiliari, di attivi di bilancio, di cessioni intelligenti. Il ritmo frenetico dell’informazione ha portato tutti dentro un labirinto infinito di giudizi e dettagli. E poi il diktat: o col padrone o contro il padrone. E chi osa non accettare la versione fornita dalla casa madre e dai suoi molteplici satelliti mediatici è un rosicone, o mamma Ebe o comunque un nemico della causa.
Nessuna distinzione tra la critica cialtrona e quella che vorrebbe essere costruttiva (o almeno provarci), minacce più o meno velate e infinite lotte tra fazioni, acuite dalla vicenda Prandelli, una storia gestita in modo superficiale, una fine a cui sul campo, per ora, non è seguito nessun nuovo inizio. E questo è il problema: il gioco (e il cuore) della Fiorentina. Il vero nodo è lì. E quello va risolto. Perché l’anestesia parziale praticata in modo scientifico sul corpo di una città che aveva ancora sulla pelle i segni di un fallimento (e per questo impaurita), da una parte ha evitato che i malesseri deviassero verso reazioni sbagliate, dall’altro però ha allontanato la gente dal Franchi e, soprattutto, da quelle emozioni ormai troppo rare per essere degne di fede. Insomma, uno può anche accettare la logica del confronto costiricavi, l’idea che Firenze non offre altre risorse e così via. Ok. E poi? Poi sull’altro fronte servono entusiasmo, gioco e orgoglio. Solo così è possibile creare l’equilibrio tra passione e cervello. Perché il calcio è lo show più pop che c’è. Ma se questo è mediocre, il futuro pieno di paletti, lo stadio fuori dai tempi e la squadra reclusa nel suo mondo dorato, alla fine cosa resta? Beh, ci sta che questo accenno di diagnosi sia un po’ crudo. Ma per fortuna sappiamo bene che basteranno poche scelte giuste per rimettere in moto la passione di una città da sempre malata di Fiorentina. Una città che attende fiduciosa, più o meno come sempre.
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