Nel giorno della festa dei lavoratori da sempre vessillo della sinistra, il sindaco Pd Matteo Renzi continua a essere la voce fuori dal coro: bacchetta stavolta il sindacato in generale, e la Cgil in particolare, storicamente al fianco di una precisa parte politica, la sua. E lo fa da Rai tre, ospite nella trasmissione di Lucia Annunziata 'In mezz'ora'. "Bisogna smetterla di considerare il sindacato un totem ideologico, una coperta di linus della sinistra. I sindacati non rappresentano i ragazzi e le ragazze per mille motivi - dice Renzi, che poi precisa - magari non è nemeno tutta colpa dei sindacati. Ma poco dopo rincara la dose: "bisognerebbe dimezzare i sindacalisti, c'è troppa gente che dovrebbe andare a lavorare". In collegamento da Roma due ragazzi, Salvo, un archeologo precario e Ilaria, responsabile giovani Cgil; entrambi accusano Renzi di aver sollevato una polemica sterile quella dei negozi aperti il primo maggio, una contrapposizione con il sindacato che "distoglie l'attenzione dal vero problema", il precariato. A questo punto Matteo Renzi ribatte: "Quello che dico è che i sindacati sono una grandissima organizzazione con un 'fracco' di soldi, nel 2007 la Cgil ha fatturato 1 miliardo di euro. Non sono solo i ragazzi a soffrire il problema della disoccupazione - dice ancora il sindaco di Firenze - ma anche i 50enni che si trovano a perdere il posto di lavoro. I sindacati "rappresentano per il 54% i pensionati che hanno uno spazio. Ma chi ha 30 anni non lo ha".
Sulla questione Primo maggio, negozi aperti e conseguente polemica con il segretario generale della Cgil Susanna Camusso Renzi dice "Non ho capito perché la polemica c'è stata solo su Firenze". Poi ha aggiunto "Guardacaso il giorno dopo sono partiti tre scioperi: quello del trasporto pubblico locale, quello del Maggio Musicale Fiorentino e quello del teatro della Pergola. A pensare male si fa peccato, però...". Qualche ora più tardi dalla sua bacheca Facebook Matteo Renzi ribadisce "Spero che i ragazzi che stanno nel sindacato abbiano la forza di fare la rivoluzione, senza farsi cooptare. Il Paese che faremo non sconfiggerà la precarietà con i concerti e con le manifestazioni ma cambiando la burocrazia, investendo in tecnologia, costruendo un'Italia diversa. Tocca a noi provarci. Tocca a noi".
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