5 anni e 10 mesi di reclusione per l'imprenditore Luigi Dagostino; è questa la richiesta del pm Christine Von Borries nel processo a Firenze, con rito abbreviato, che lo vede imputato per uso di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio.
L'accusa ha chiesto un anno e 8 mesi di reclusione anche per l'ex moglie dell'imprenditore, Maria Emanuela Piccolo, in qualità di amministratore di una delle società coinvolte nelle indagini. L'inchiesta che ha portato al processo riguarda l'acquisto di villa Banti, in viale Segni a Firenze.
L'edificio era stato acquistato all'asta nel 2016 da una società di Ilaria Niccolai, compagna di Dagostino. Per la donna, anche lei indagata e che non ha chiesto riti alternativi, il pm ha chiesto il rinvio a giudizio.
Per l'accusa il denaro usato per comprare la villa, 1,6 milioni di euro, sarebbe stato distratto dalla società Nikila Invest srl, di cui Dagostino, difeso nel processo dall'avvocato Alessandro Traversi, era amministratore unico e Niccolai socia al 70%. I soldi sarebbero stati versati sui conti della Syntagma srl, società di proprietà della Niccolai che si era aggiudicata la villa all'asta. Per aggirare la normativa antiriciclaggio sarebbe stata simulata una preliminare vendita di quote della Syntagma, mai andata pero' a buon fine.
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