Se 30 anni fa con il valore equivalente di 100 kg di grano si potevano acquistare 30 kg di pane, oggi se ne comprano solamente 8 kg. Un rapporto che ben spiega la distorsione tra prezzi al consumo e prezzi all’origine e che ha come vittime gli agricoltori.
L’allarme lo lancia Confagricoltura Toscana che vuole fare chiarezza sulle notizie dei rincari dei generi alimentari.
“I prezzi all’origine delle produzioni agricole primarie sono in netto e costante calo da anni - precisa Francesco Miari Fulcis, presidente di Confagricoltura Toscana - a farne le spese sono gli agricoltori che perdono redditività costantemente tutti gli anni”.
Secondo le rilevazioni Ismea e della Camera di Commercio di Bologna, i prodotti all’origine, dal 2012 al 2017, hanno subito una contrazione dei prezzi (indice di prezzo = 100) del 5% sulla frutta, da 136,6 a 129,35, del 3,5% sugli ortaggi, da 121 a 116,8, dell’8% per il frumento duro (prezzo €/t) da 250 a 230, del 28,8% per il frumento tenero (prezzo €/t) da 260 a 185. Questo al di là di alcuni picchi mensili, come per tantissimi prodotti di prima necessità.
Da questa analisi di mercato dei prezzi, “gli agricoltori - continua Miari Fulcis - risultano doppiamente penalizzati, da un lato l’inflazione dall’altro la contrazione di consumi dovuta a rincari alla distribuzione finale. Solo per fare un esempio: per fare colazione al bar (pasta e cappuccino) l’agricoltore deve allevare e vendere l’equivalente di un pollo intero. Gli agricoltori devono riappropriarsi della loro redditività che deve permettere la prosecuzione delle attività, effettuare gli investimenti necessari utili anche per il mantenimento del paesaggio e di tutto l’ambiente rurale”.
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