Una lettera di scuse scritta dal carcere e inviata alla famiglia di Duccio Dini, il 29enne travolto e ucciso il 10 giugno 2018 nel corso di un inseguimento tra auto.
A scriverla è stato Mustafa Remzi, 20enne, che quel giorno era alla guida della Volvo che si schiantò in via Canova provocando la tragica morte di Duccio Dini.
E' quanto emerso nell'udienza di oggi all'aula bunker del Tribunale di Firenze, dove è in corso il processo a carica di sette rom accusati di omicidio volontario con dolo eventuale e del tentato omicidio di un loro connazionale inseguito su via Canova.
La famiglia Dini ha fatto sapere attraverso i suoi legali di averla ricevuta nell'ottobre del 2018, ma di aver deciso di non leggerla e di non aver mai aperto la busta. Secondo quanto appreso, nella lettera ci sarebbero le scuse del 20enne alla famiglia del giovane fiorentino, che si sarebbe detto provato e addolorato per la morte del 29enne.
Nel corso dell'udienza odierna Mustafa Remzi, che ha risposto per oltre due ore alle domande del pm Tommaso Coletta, delle parti civili e dei propri difensori, ha negato, contrariamente a quanto sostenuto dall'accusa, che a bordo di una delle auto coinvolte nell'inseguimento ci fosse anche il nonno Amet Remzi.
La stessa versione è stata data da un'altro degli imputati, Amet Kamjuran. Amet Remzi, il nonno del 20enne, anche lui imputato nel processo, ha invece deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, così come l'altro imputato Mustafa Dehran.
Acquisiti agli atti del processo le dichiarazioni rese dai due in occasione dei precedenti interrogatori davanti al gip e anche la lettera di scuse inviata dal Remzi. L'esame degli imputati proseguirà nel corso dell'udienza del 17 dicembre prossimo.
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