Nulla più della sanità è terreno sensibile, e l’equità, ovvero la garanzia che nell’accesso ai servizi e alle prestazioni del servizio sanitario pubblico siamo tutti uguali - come afferma la nostra Carta costituzionale - è avvertito come un valore intoccabile. Per questo la decisione della Giunta regionale toscana di prevedere nelle Residenze Sanitarie Assistite delle riserve di posti a favore dei familiari dei dipendenti regionali, con sconti sulle tariffe e prestazioni aggiuntive incluse nella retta, (al di là del fatto che non comporta nessun costo diretto per la Regione- e ci mancherebbe altro!) appare un privilegio inammissibile e persino con tratti insopportabili.
Lo diciamo senza voler scadere nel tritacarne che in questi anni è stato largamente utilizzato ogni qual volta si è parlato dell’amministrazione pubblica o dei pubblici dipendenti, ma partendo dalla considerazione che in questo settore, che riguarda le persone più fragili, i nostri anziani, non ci possono essere cittadini più uguali di altri.
Un settore, tra l’altro, in cui più volte abbiamo denunciato la difficoltà dovute alle lunghe liste di attesa che costringono le famiglie a trovare una soluzione privata con costi elevatissimi, che pagano, senza sconti sino all’ultimo euro.
L’iniziativa parte da una Delibera regionale 2017 ed oggi si è arrivati al decreto ad hoc, e prevede che, nell’ambito delle azioni positive per i propri dipendenti rivolte alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l’attivazione di convenzioni per la riserva di posti nelle strutture di ricovero per anziani. Nella convenzione oltre alla riserva di posti sono previsti sconti e servizi aggiuntivi compresi nella retta, sconti e prestazioni aggiuntive che le RSA s’impegnano a garantire anche a conclusione della convenzione che è di cinque anni.
Pensiamo che la Regione debba fare immediatamente un passo indietro -annullando il decreto- rispetto a quello che non è solo un “brutto scivolone”, ma si configura come un vero è proprio discrimine verso gli altri cittadini e che ricorda, inoltre, molto il frutto avvelenato di una concezione in cui invece di risolvere un bisogno reale in modo collettivo -ad esempio più stanziamenti per il Fondo della Non autosufficienza (che andrebbe a coprire le richieste dei familiari dei dipendenti come delle altre famiglie) si preferisce dare risposte settoriali, magari in tempi un po’ sospetti, che ricordano, anche se non è il caso specifico, il welfare aziendale integrativo che combattiamo in quanto ulteriore pezzo di distruzione del welfare sociale.
Partito della Rifondazione Comunista – Toscana