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Processo Magherini, carabiniere imputato: "Era violento e pericoloso". E i militari scaricano responsabilità sui volontari Croce Rossa

Immagine articolo - Il sito d'Italia

Non giurano. Non sono obbligati a dire la verità e anzi possono mentire per il loro inviolabile diritto di difesa. Sono le regole del gioco per gli imputati dei processi penali. Le conoscono bene almeno i due carabinieri che, insieme ad una volontaria Cri, si sono sottoposti all'interrogatorio del pm nell'udienza di ieri del processo per la morte di Riccardo Magherini avvenuta il 3 marzo 2014, in borgo San Frediano a Firenze, durante un fermo dei carabinieri.

 

Hanno raccontato una versione originale. Ricca di non ricordo, di aggressioni e di atti violenti di Riccardo Magherini contro i carabinieri e di una chiara responsabilità scaricata sui volontari quella raccontata dai militari dell'Arma.

 

Calma surreale ma una situazione “pericolosa” è invece quella descritta dalla donna in aula, raccontando come quell'uomo, che è stato da subito descritto come “violento” dai carabinieri, e che troveranno in silenzio, immobilizzato, prono, con le manette e con due carabinieri, di cui uno “a cavalcioni”, a tenerlo fermo.

 

DETTAGLI SFUGGITI - I militari hanno offerto nuovi dettagli casualmente “sfuggiti” al tempo sulle azioni di autolesionismo del quarantenne fiorentino che gli avrebbero procurato quei segni inaccettabili sul volto. Magherini si è fatto quelle ferite da solo mentre cercava di picchiare da terra i carabinieri “tirando calci all'indietro” per colpirli e che le mani del maresciallo sulla testa di Riccardo Magherini erano proprio a protezione dell'uomo.

 

Dichiarazioni che lanciano la 'volata' alle consulenze medico legali della difesa dei carabinieri e di un consulente del pubblico ministero. Alla prossima udienza Riccardo Magherini sarà fatto morire per “excited delirium syndrome”, le morti che colpiscono le persone sotto effetto di droga che vengono arrestate.

 

E I TESTIMONI? - Strano, pensando a tutti quei testimoni che hanno riferito di calci e compressioni quella notte e che forse sono stati solo suggestionati da certa stampa che ha scritto solo certe cose. Le stesse persone che sotto giuramento davanti ad un giudice, forse per la prima volta in un'aula di tribunale, hanno raccontato azioni e fatti completamente diversi rispetto a quelli riferiti dai carabinieri.

 

Persone di cui è stata messa in dubbio la moralità perchè parlavano con i giornalisti. Come se ci fosse qualcosa da nascondere. E che ancora oggi rimane nascosta.

 

Quello per la morte di Riccardo Magherini è stato processo che ha fatto emergere un'azione violenta dei carabinieri nei confronti di un uomo durante un fermo. Non lo scrive un giornalista di parte ma lo dicono testimoni in un'aula di tribunale.

 

Piaccia o meno all'Arma, se esiste un minimo di Giustizia, i farraginosi tentativi di difesa di un corpo militare verso i propri “ragazzi” cadranno violentemente nel vuoto, non per un pregiudizio ideologico ma per fatti e circostanze chiari ed evidenti.

 

APPUNTATO DAVIDE ASCENZI - L'appuntato Davide Ascenzi è il primo a farsi interrogare. E' stato presente a quasi tutte le udienze del processo. Rispetto a quella notte si è fatto crescere i capelli. Veste con golf blu e camicia bianca. In aula siede tra il collega Vincenzo Corni ed il suo avvocato Francesco Maresca. Rispondendo alle domande del pm avrà un momento di emozione. Il 3 marzo rimase ferito da un colpo di una manetta ancora non applicata a Magherini.

 

“Non lo so”, “non so rispondere”, “non lo posso dire con precisione”, sono le spiegazioni che fornisce alle prime domande del pm e del giudice. Ricorda con precisione però che la volontaria Cri Claudia Matta gli dice che “non sente i parametri” di Magherini ma che l'uomo “respira”. Ascenzi racconta i momenti del fermo quando Magherini “all'inizio ha provato ad abbracciarmi poi è arrivata la seconda auto e lui è diventato più aggressivo e violento”.

Durante quell'arresto Ascenzi parla del colpo ricevuto con il quale si è ferito. Magherini “si divincolava e la parte libera (della manetta, ndr) mi ha preso in mezzo alla fronte”. Il militare spiega di essersi allontanato subito dall'uomo appena è stato ammanettato, andando ad identificare dei testimoni e farsi medicare dopo l'arrivo dell'ambulanza.

 

TESTIMONI SELEZIONATI - E proprio sulle persone chiamate in caserma quella notte, l'appuntato deve rispondere alle domande dell'avvocato Manzo che lo mette in seria difficoltà. Quei nomi dei testimoni appuntati su “un unico foglio bianco” contenevano “anche quello di Torretti” che però quella notte non è stato selezionato tra i testimoni ritenuti utili ai fini di quelle indagini.

Torretti è un altro testimone del processo. Ha assistito alla scena a distanza di cinque metri, ha cercato di intervenire (è sua la frase nel video “no, i calci no”) per placare i carabinieri con cui ha parlato ed è stato preso a male parole. Ha testimoniato in aula parlando di “cinque o sei calci all'addome e almeno due all'altezza della testa”. Eppure quella notte, identificato proprio da Ascenzi, non è stato chiamato a testimoniare. Omesso da quella lista di persone, tanto da essere sentito per primo in indagini difensive della parte civile.

 

Lo chiede anche il giudice il motivo di questa omissione. “Il motivo preciso non lo so, con la botta in testa, sono stato in ospedale e non mi è tornato in mente Torretti”. Vuoti di memoria che colpiscono il carabiniere anche quando deve parlare dei volontari, salvo ricordare la sua medicazione e quel “respira” che detto da una volontaria.

 

Le cure all'uomo sono proseguite al pronto soccorso di Santa Maria Nuova, lo stesso dov'è stato dichiarato morto Magherini. “C'erano Corni e Della Porta con una volontaria Cri” nella sala rossa accanto al cadavere dell'ex promessa viola. Era in corso un interrogatorio.

 

APPUNTATO VINCENZO CORNI - Quello di cui non parla l'appuntato Ascenzi, lo dice invece il suo pari grado Vincenzo Corni. Giacca blu sganciata, fisico imponente, collo taurino, tono di voce pacato. Aveva partecipato soltanto ad un'altra udienza. Sta seduto al suo posto e non si gira mai se non per parlare, poco, con il suo avvocato.

 

Lui racconta una scena diversa da quella di Ascenzi. Ricca di nuovi dettagli mai emersi fino ad oggi nemmeno nei verbali dell'Arma. “Sfuggiti” come ha riferito in aula il carabiniere a cui vengono contestate anche le percosse per aver tirato almeno un calcio a Magherini a terra ammanettato. Su questo i testimoni non sbagliano. E' il più robusto, nonostante lui parli di “80 chili di peso” e “non fa palestra”. A quanto pare neanche per tenersi in forma considerato il lavoro che svolge. Evidentemente no. Fa solo il carabiniere, lo dice anche all'avvocato Pisa che gli chiede se è “buttafuori” in una discoteca. No. Chissà cosa ne pensano invece i molti che lo hanno riconosciuto al MoMa (ex Costess), nota discoteca nei pressi di Sesto Fiorentino, in veste di 'buttafuori' o responsabile della sicurezza.

 

LECITO MENTIRE - Ma come è lecito gli imputati possono mentire. E si preparano anche a quello. Quasi come se fosse una lezione di scuola. Dove alle elementari insegnano cosa sia il “soggetto” che nelle parole dell'appuntato Corni è Riccardo Magherini. Lo chiama anche lui come il maggiore Cattaneo ha fatto nella scorsa udienza. Il “soggetto”. La sceneggiatura scritta all'appuntato è originale. Mai sentita prima.

 

COLPO INTENZIONALE E TESTATE- L'appuntato ricorda tutto chiaramente di quella notte e lo fa descrivendo fatti nuovi che non ha visto nessuno dei tanti testimoni che lo hanno preceduto, giurando, davanti al giudice. Iniziando dal colpo “intenzionale” all'appuntato Ascenzi, che lui stesso non saprebbe definire, ma che l'appuntato

 

Corni ha visto, è stata “una botta che ha voluto dare”. Magherini “era violento e pericoloso, era molto aggressivo, scalciava e tirava pugni”, l'appuntato dice anche di essere stato colpito da “una testata” come ha riferito al pronto soccorso “senza però ottenere alcun tipo di diagnosi in merito” come ha fatto notare l'avvocato della parte civile Mattia Alfano. Ma non solo, Magherini “ha colpito Della Porta facendolo sbattere contro il bandone del cinema Eolo”. Della Porta giorni di prognosi: due.

 

“NON HO DATO CALCI” - L'appuntato Corni è attento a non rispondere a varie domande e a descrivere la sua posizione.
“Ho tenuto il ginocchio a terra, non ho tirato calci, non ho fatto pressione sul soggetto” spiega “ho appoggiato la pianta del piede per un momento sulla spalla del soggetto per fare leva”.
E l'appuntato prova a giustificare i calci riferiti dai testimoni solo come una “percezione”, perchè il carabiniere sostiene di “muovere continuamente i piedi per mantenermi in equilibrio”.

 

“AGITO PER PROTEGGERE IL SOGGETTO” - Corni parla di Magherini come di “un soggetto che sprigionava parecchia forza, era violento e pericoloso e dava calci all'indietro per colpirci” anche da terra ammanettato. Magherini contro i carabinieri. Ma non i carabinieri contro Magherini. Anzi. I militari hanno agito “per proteggere l'uomo, perchè eravamo preoccupati per le sue condizioni di salute”. “Il maresciallo teneva la testa dell'uomo ferma perchè il soggetto la strusciava contro l'asfalto provocandosi delle escoriazioni”. E' la prima volta che i carabinieri dicono questi particolari, che prima erano “sfuggiti”. O forse ora, per quanto possano valere, servono a convalidare la tesi medico legale.

 

Chissà se è un altro maresciallo rispetto a quello descritto che “schiacciava Magherini come una cotoletta” con il ginocchio che lo comprimeva il collo rendendolo “viola in volto”. Chissà. Fatto sta che l'appuntato Corni è parso molto convinto di quello che ha detto, sicuro dell'autorevolezza degli uomini in divisa anche in un'aula di tribunale. Uomini che quella notte hanno “agito nell'interesse del soggetto che si era reso responsabile di fatti che richiedevano obbligatoriamente un fermo”.

 

L'ESPERIENZA DI CORNI - Quel soggetto che ad un certo punto si “tranquillizza all'improvviso”. Un classico in questi casi spiega il carabiniere. “Taluni soggetti si calmano apparentemente dopo l'arresto” spiega Corni “e nella mia esperienza posso dire che aspettano un momento di distrazione per tornare ad essere violenti” sostiene il carabiniere. Peccato che Magherini morì proprio sotto il suo “controllo” delle manette.

 

NON SENTE LE FRASI DI TORRETTI - L'appuntato “non sente” le parole di Matteo Torretti, praticamente accanto a lui, perchè “era concentrato” a fermare Magherini. Impossibile a quella distanza non sentire la richiesta di quel testimone e la risposta del superiore di Corni. Non vede il volto di Riccardo, che prima però descriverà ferito da atti di autolesionismo, perchè era “coperto dal giubbino”. Allora non era neanche a “d'orso nudo” come si affrettano a scrivere, e a dire, i militari nelle loro comunicazioni ufficiali.

 

SCARICARE LE COLPE SUI VOLONTARI - L'appuntato Corni parla anche dell'arrivo dei volontari. “Ho spiegato alla Matta (volontaria Cri, ndr) tutta la situazione e le ho detto che se voleva toglievo le manette al soggetto” ma “loro non facevano nulla”, lei “ha solo detto che respirava ed è stata accanto a Magherini pochi istanti”. Anche su questo punto ci sono versioni ripetute e completamente opposte a quella fornita da Corni. E' il maresciallo che prospetta una situazione di pericolo e i volontari lamenteranno proprio il fatto che i carabinieri non hanno tolto le manette di Magherini e non gli hanno cambiato posizione come richiesto per una valutazione “gas” che non è stato possibile effettuare. Eppure Corni descrive quasi il menefreghismo dei volontari in attesa del medico.

 

“Non mi sono accorto che stesse male, non sono io che devo valutare” risponde secco al giudice. “La volontaria era tranquilla sulla respirazione poi però l'infermiere si è accorto che stava male”.

 

L'OSPEDALE - Corni va all'ospedale di Santa Maria Nuova e interroga quella volontaria accanto al corpo di Magherini appena morto. “Abbiamo creduto che non si scandalizzava ad essere sentita accanto ad un cadavere ed era l'unica stanza disponibile”. Il carabiniere è incalzato dalle domande dell'avvocato Manzo. “Quale era l'esigenza di sentire una volontaria se indagavate per rapina?”. “Dovevamo capire cosa era successo, ho risposto ad ordini superiori”. “Chi gliel'ha ordinato?” prosegue il legale, “la centrale operativa”. “Chi dalla centrale?” sbotta l'avvocato. “La centrale operativa” prosegue Corni senza rispondere, in evidente difficoltà.

 

Le indagini urgenti da fare nella sala rossa a quella volontaria sono la fotografia degli appigli che i militari cercavano quella notte nel minor tempo possibile. La stessa esclusione di almeno un testimone lascia senza possibilità di credere che non ci sia malafede da parte di quei militari. Diventa difficile credergli. Molto difficile.

 

LA VOLONTARIA JANETA MITREA - Anche dopo aver sentito la testimonianza di Janeta Mitrea, la volontaria Cri che si è sottoposta all'interrogatorio del pm, mentre la collega Claudia Matta ha avuto un incidente in motorino proprio mentre si stava recando in tribunale per l'udienza. Nulla di grave, la donna si sottoporrà comunque all'esame nel corso delle prossime udienze.

 

La volontaria, che ha l'età di Riccardo Magherini ed è una collaboratrice domestica laureata in economia e commercio, è lucida e racconta molti dettagli di quella notte. Al loro arrivo i volontari vengono “fermati subito da un carabiniere con i capelli brizzolati (il maresciallo Castellano, ndr), aveva un tono di voce alto e ci ha subito chiesto chi era il medico tra di noi”. “Non sono riuscita neanche a scendere dall'ambulanza” dichiara la donna in aula.

 

CC CI DICONO CHE ERA VIOLENTO E PERICOLOSO - “Ci hanno descritto una persona pericolosa e agitata” prosegue nel racconto al pm “ed io e Claudia ci siamo avvicinate a Riccardo, lei ha provato a chiamarlo ma non rispondeva, si è infilata in mezzo a due carabinieri per mettere il saturimetro”. “Non funzionava e abbiamo chiesto di cambiare posizione ma ci hanno detto di no” racconta la volontaria che spiega al pm di non aver riletto gli atti “per aver paura poi di fare confusione”.

 

Poi Mitrea è andata a medicare l'appuntato Ascenzi e “Claudia è rimasta quasi tutto il tempo accanto, circa sette-otto minuti, fino a poco prima arrivo automedica”. Al contrario delle dichiarazioni di Corni che ha detto che la Matta sarebbe stata soltanto “pochi istanti accanto al soggetto”.

 

“Io pensavo stesse bene perchè i carabinieri mi avevano detto che si era tranquillizzato, non rispondeva perchè magari era arrabbiato e non si muoveva perchè aveva due carabinieri sopra” dice la donna al giudice spiegando le sensazioni di quel momento. “Se un carabiniere mi dice che è pericoloso io gli credo, ai miei occhi il signor Magherini era un rapinatore e poi si trattava di una persona psichiatrica come ci avevano segnalato” aggiunge la volontaria nella sua accorata risposta.

 

Ed il suo avvocato, Carlo Maccari, produce al giudice le linee guida con cui si sono formate le volontarie facendo leggere alla sua assistita proprio il passaggio che parlava dello “scenario non sicuro” immediatamente prospettato dai carabinieri. In quel caso i volontari si devono addirittura astenere dall'intervento in attesa dell'arrivo del medico. Comportamento da protocollo. Forse quello della Matta un ulteriore tentativo fin oltre le proprie regole interne. Ma c'era una vita di mezzo.

 

Una valutazione impossibile “senza la prima che si fa il 'gas' come si dice nel nostro linguaggio, ma non abbiamo potuto farlo perchè non hanno fatto girare corpo”.

 

L'INTERROGATORIO NELLA SALA ROSSA - Janeta Mitrea racconta anche i passaggi dell'interrogatorio alla collega nella sala rossa di Santa Maria Nuova. “Mi ricordo che Claudia non stava tanto bene, eravamo in quella stanza piccola con il cadavere accanto e i due carabinieri che insistevano con lei che scuoteva la testa per dire no” sostiene la volontaria rispondendo all'avvocato Manzo. “Poi Claudia quando è uscita ci ha detto che alla fine le avevano fatto dire quello che volevano loro e che non hanno scritto del ginocchio sulla schiena che avevo visto, ma hanno voluto scrivere che respirava” spiega la donna con compostezza e guardando il giudice.

 

Il giudice Bilosi però si sofferma sulla scheda di intervento redatta dai volontari dopo la morte di Magherini. Quella crocetta sbarrata sulla casella del respiro non torna né al giudice né al pm che insistono su questo particolare che farebbe emergere l'effettiva respirazione certificata dai volontari e non soltanto riferita dai carabinieri. Un aspetto su cui si è fatta chiarezza solo a metà.

 

Spazio finale anche per le richieste dell'avvocato Francesco Maresca che ha chiesto l'improcedibilità per il suo assistito Vincenzo Corni in ordine alle percosse per la mancanza di querela da parte del Magherini. Istanza respinta. L'avvocato Anselmo al contrario ha preannunciato che invece chiederà la contestazioni delle lesioni all'appuntato dei carabinieri.

 

Un processo che si avvia verso la sua parte conclusiva, con l'udienza fissata il 1° marzo che vedrà le relazioni dei medici legali sulle cause di morte di Riccardo Magherini. Lì ci sarà la battaglia per convincere un giudice su com'è morto un uomo. In un processo non bastano tutti quei testimoni se i calci che dicono di aver visto non hanno riscontro sul corpo morto. Su quello di Riccardo Magherini furono trovate, tra le altre, lesioni al fegato e all'encefalo. Ma è tutta roba da excited syndrome delirium.

 

E se una divisa si sporca di sangue poi lavarla è molto difficile.

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