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il caso

Matrimonio finito e lavoro perso, il mobbing dell'ex suocero finisce in tribunale

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Matrimonio finito e lavoro perso, il mobbing dell'ex suocero finisce in tribunal

Una classica storia italiana con un epilogo amaro ed ingiusto. E' questa in sintesi la vicenda che riguarda un 43enne fiorentino, felicemente sposato con la figlia del suo titolare, un noto imprenditore nel settore dei trasporti.

 

L'uomo era autista nell'azienda del suocero fino a quando è finito il suo matrimonio. Ed è iniziato il suo “calvario”. La fine della relazione coniugale coincisa anche con il lavoro bloccato, con conseguenze economiche e psicologiche molto gravi. Per questo motivo il 43enne, difeso dall'avvocato Mattia Alfano, ha presentato una denuncia per mobbing alla procura della repubblica di Firenze.

 

 

L'uomo dal 2006 era dipendente a tempo indeterminato dell'azienda di pullman del suocero. “Inizialmente con la qualifica di operaio e dopo un anno sono stato promosso ad impiegato con la mansione di “capo movimento” spiega nella sua denuncia “continuando però a svolgere la mansione di autista”. “In 7 anni non ho mai avuto un richiamo e ho svolto il mio lavoro con la massima diligenza” ci tiene a precisare l'uomo.

 

 

Ma nel 2013 arriva la separazione consensuale, a causa di “un rapporto logorato”, ed un colloquio con il suocero-titolare d'azienda. “Pochi giorni dopo l'udienza di separazione” spiega il 43enne, venivo convocato da mio suocero senza nessun preavviso e senza nessun apparente motivo” racconto l'uomo, “che mi comunicava la sua volontà di allontanarmi dall’azienda, a causa delle mie “vicende personali” legate alla separazione dalla figlia”.

 

 

“Mi ha detto che non ero più gradito né accettato in azienda e che avrei dovuto abbandonare il posto di lavoro con decorrenza immediata” con l'impegno, spiega l'uomo, di trovargli “un trasferimento ad altra azienda dello stesso settore, a parità di mansioni e retribuzione, proprio per il mio impegno e la mia dedizione al lavoro”.

 

 

Il 43enne accetta la proposta di un trasferimento “in poche settimane” e viene prima messo in ferie nell'attesa del cambio d'azienda, ma appena terminate, l’azienda inizia “una sospensione quindicinale retribuita a paga base”.

 

L'uomo si ritrova senza lavoro ed in forte crisi economica vista anche la separazione in corso. Ma il trasferimento promesso non arriverà mai con una serie di rinvii che porteranno il 43enne a ritrovarsi con una serie di sospensioni fino allo scorso settembre. Verso la metà del mese, il giorno dopo il termine dell'ultima sospensione imessa in atto dall'azienda, l'autista decide di presentarsi a lavoro.

 

 

Considerato anche che in tutti questi mesi, la società di trasporti si era anche aggiudicata nuovi appalti pubblici con la necessità di un ampliamento del personale e nuovi posti di lavoro. Per altri, non certo per il 43enne al quale l'azienda già  aveva preannunciato che nel caso in cui si fosse presentato ai cancelli lo avrebbe licenziato. 

 

E così è stato. “Mi sono presentato in azienda disponibile a riprendere il servizio come era mia dovere, oltre che diritto – spiega il 43enne – ma ho trovato davanti a me il titolare, che mi informava del fatto che era già stata da poco spedita la raccomandata con la lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo”. Inoltre è categorica anche nel parlare di "incompatibilità aziendali tra l'autista e la dirigenza aziendale"

 

Una vicenda che appare incredibile e che ha messo in ginocchio un uomo causandogli anche gravi ripercussioni psicologiche. “La malattia che mi è stata diagnosticata purtroppo è causata da tutto questo” racconta il 43enne. “Dopo un periodo di degenza e cura mi ha costretto a gravi limitazioni nel vivere la mia vita, dal passare del tempo con i miei figli ad avere problemi persino nelle attività più ordinarie come fare la spesa”.

 

Adesso toccherà stabilire al tribunale se quest'uomo dovrà, e potrà, ottenere giustizia. 

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