In una fredda mattina invernale un blitz della nostra Iena Matteo Calì ha portato alla luce uno scenario davvero inquietante. Una perversa dinamica che, se confermata, è di una gravità inaudita. Mi riferisco, ovviamente, al Pubblico Ministero della Procura di Firenze per il quale la Procura della Repubblica di Genova ha aperto un fascicolo; corruzione il reato contestato. Una torbida storia che apre le porte a riflessioni ben più ampie sulla Magistratura. Indubbiamente, come sottolineato da molti addetti ai lavori e non, un singolo caso non deve condurre a inutili generalizzazioni. Di contro, tuttavia, ai miei occhi, un caso basta e avanza come campanello di allarme, quando in gioco c’è la libertà. Il potere giudiziario, uno dei tre poteri su cui si fonda uno stato di diritto, ha caratteristiche del tutto peculiari rispetto agli altri due, esecutivo e legislativo. E’ un potere più sottile, non soggetto all’umore popolare e, pertanto, molto più inquietante nei suoi risvolti oscuri.
Esseri umani che accusano o giudicano - a seconda del ruolo - loro simili. Le possibili distorsioni di tali facoltà, è evidente, sono immense. Per quanto la procedura penale di un Paese democratico preveda meccanismi di garanzia per i cittadini, il potere discrezionale del magistrato resta pericolosamente ampio. In una società civile il ruolo della magistratura è fondamentale, di conseguenza alto deve essere il rispetto che dobbiamo nutrire nei confronti di coloro che portano sulle proprie spalle una responsabilità così gravosa. Una responsabilità, appunto. Ma oggi quanto lo sono gli organi preposti a giudicarci? Troppo poco. Due riforme si rendono necessarie al fine di aumentare sensibilmente il livello di garanzia offerto ai cittadini: la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati. Intuitivo è il fatto che soggetti - che vengono dallo stesso percorso (sostanzialmente dei colleghi) - possano incontrare gravi difficoltà a giudicarsi vicendevolmente. La responsabilità civile esporrebbe i magistrati a rischi ben maggiori ma li renderebbe senza dubbio ancor meno inclini a pericolosi abusi dei poteri a loro conferiti.
E poi finiamola con il falso perbenismo che ci obbliga a dire sempre “ho pienamente fiducia nel lavoro della magistratura”; pena l’essere additati come orridi blasfemi. Siamo in una democrazia? Bene allora, nel pieno rispetto dei ruoli e delle leggi, dobbiamo essere liberi di esprimere le nostre opinioni, anche sui magistrati. L’essere additati come pericolosi sobillatori privi di senso civico se si osa esprimere dubbi sull’operato degli organi giudicanti espone, oltretutto, gli stessi ad essere sempre più visti come degli intoccabili. C’è molto su cui lavorare, non è un caso se l’Italia è tra i fanalini di coda nella classifica mondiale dei sistemi giudiziari.
Vorrei concludere con un appello ai miei colleghi avvocati. Riprendiamoci la nostra dignità, smettendola di comportarci da azzimati giannizzeri ossequiosi per compiacere chi sta più in alto di noi. Siamo tutti uguali e tutti degni del massimo rispetto, perché…la Legge è Uguale per Tutti.
Paolo Sebastiani, avvocato (nessuno è perfetto!), accanito bibliofilo, ama la Storia che approfondisce con Winston, il suo bulldog inglese. Conduce Elzeviro, in onda in diretta tutti i lunedì alle 21 su TVR Più (Canale 13 Digitale Terrestre), ogni giovedì lo potete ascoltare su Lady Radio dalle 10 alle 11, ospite di CasoxCaso.
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