Si è aperto ieri al tribunale di Firenze il processo d'appello per la morte di Riccardo Magherini, il 40enne deceduto nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2014 in Borgo San Frediano durante un fermo dei carabinieri. Quattro militari e due volontarie della Croce Rossa sono accusati di concorso in omicidio colposo. Nella sentenza di primo grado sono stati condannati tre militari (7 e 8 mesi), mentre sono stati assolti un carabiniere e le due volontarie.
In aula assenti i carabinieri imputati mente hanno assistito all'udienza le operatrici della Croce Rossa. Presenti nell'aula anche numerosi amici di Riccardo Magherini, con Guido e Andrea, padre e fratello della vittima, seduti nei primi banchi.
L'udienza, lunga oltre 7 ore, si è aperta con la relazione della presidente della Corte, Maria Luisa Romagnoli, che ha illustrato le motivazioni del giudizio di primo grado. Due ore in cui sono state elencate le ragioni per cui si è arrivati a quella sentenza, in cui si sottolineava "l'operato legittimo dei carabinieri" e come causa di morte quell'excited delirium, sindrome tutta americana che avrebbe colpito quella notte Magherini per l'uso smodato di cocaina.
Nella sua requisitoria, il procuratore generale Luigi Bocciolini, che ha parlato per circa venti minuti, ha chiesto, come anticipato nel ricorso, pene più severe per gli imputati e condanne di un anno per i tre carabinieri (Stefano Castellano, Vincenzo Corni e Agostino Della Porta), di un anno per una volontaria Cri (Claudia Matta) e di 8 mesi per l'altra soccorritrice (Janeta Mitrea). Per un altro carabiniere (Davide Ascenzi), assolto in primo grado, nessuna delle parti ha avanzato ricorso in appello.
Secondo il pg, le pene vanno aumentate perchè i carabinieri avrebbero ammanettato e immobilizzato Magherini a terra senza però sollevarlo in maniera da consentirgli di "respirare liberamente" con le conseguenze della morte.
Il pg si è mostrato molto duro sul comportamento delle volontarie e ha chiesto la condanna di entrambe per "non aver fatto nulla" quando si trovavano accanto al corpo di Magherini, nonostante le prime operazioni di valutazione avessero dato segnali negativi sullo stato di salute dell'uomo. Su questo punto il pg ha parlato di uno "scenario sicuro e non pericoloso all'arrivo dell'ambulanz"a e per questo motivo "le volontarie sarebbero dovute intervenire".
Dopo la requisitoria del pg, è intervenuto l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Magherini, che è parte civile, che ha ripercorso tutto il processo di primo grado. Anselmo ha parlato per oltre tre ore, contestando le affermazioni del primo giudice per cui il legale avrebbe "alimentato tensione verso l'Arma dei Carabinieri" e "false aspettative alla famiglia Magherini". "Può indignare che i primi atti di indagine di quella notte, fatti dagli stessi imputati, siano definiti legittimi? Anzi, doverosi?" domanda laconico il legale della famiglia di Riccardo.
Poi ha attaccato l' "eccentricità" della sentenza di primo grado, evocando più volte le ammonizioni e i richiami all'Italia della Corte Europea di Strasburgo "per la violazione dei diritti civili nei processi in cui lo Stato deve giudicarsi", in un "Paese come l'Italia in cui c'è la mania a processare e denunciare i morti". Durissime le parole utilizzate dal legale dei Magherini sui calci ritenuti "funzionali" nella sentenza di primo grado e sferrati dai carabinieri durante l'arresto dell'uomo. "Va tutelato il diritto alla vita contro l'esercizio della violenza". "Anche uno schiaffo è violenza, questi sono principi di civiltà" ha più volte esclamato con vigore in aula il legale.
Anselmo ha poi ripercorso i fatti di quella notte riproducendo in aula video, telefonate e testimonianze a dimostrazione, secondo la parte civile, che nella sentenza di primo grado sono stati esclusi tutti quei testimoni che avevano visto violenze e compressioni su Magherini.
E sul tema della compressione sul corpo dell'uomo, ammanettato, prono a terra, Anselmo è chiarissimo. "Magherini è morto per asfissia, lentamente, soffrendo in maniera atroce e aveva un cuore sano, non è morto per la cocaina ma perchè era schiacciato a terra".
Cita i testimoni "inattendibili per il primo giudice" e che hanno visto l'uomo "schiacciato come una cotoletta", "cianotico", gli stessi che sentivano i "rantoli" e che riferivano delle manovre di compressione dei militari.
Poi il legale ha mostrato una efficace ricostruzione in 3D della posizione di tutte le persone nella momento della morte di Magherini, evidenziando come gli stessi testimoni "inattendibili" fossero di fatto quelli più vicini alla scena del delitto.
Dopo Anselmo, ha preso la parola Mattia Alfano, difensore di parte civile della famiglia Magherini, che ha parlato di una "sentenza molto particolare, perchè mancano le argomentazioni che portano a questa condanna" che secondo il legale è "paragonabile ad una guida in stato d'ebbrezza" e non a quello che è successo in San Frediano dove "Riccardo è morto soffrendo come un cane".
"Non ci accontentiamo delle verità processuale" ha detto Alfano nella sua arringa "ma vogliamo sapere quello che è successo quella notte". "Perchè" ha spiegato l'avvocato "se è vero che non ci siamo mai allontanati dal capo d'imputazione, è vero anche che in questo processi ci sono molti punti da chiarire".
Alfano ricorda in aula alcune fasi mai troppo approfondite nel processo di primo grado. Dal "bossolo ritrovato nello stesso punto in cui ha perso il cellulare", ai motivi sul perchè la seconda volante "fosse sul posto" intervendo "volontariamente", oppure sul "cellulare rubato e poi consegnato dai carabinieri ad una terza persona", fino ai marescialli dei Ris e la vicenda oscura del bar Curtatone.
Il legale dei Magherini poi ha sottolineato l'importanza di "Firenze, che è stata la penna dei giornalisti che hanno sempre continuato a raccontare questa storia" e che "è stata la mano di chi ha preso un cellulare per riprendere quello che succedeva a San Frediano e ha reso possibile questo processo".
Udienza aggiornata, con polemica, al 19 ottobre (ore 11) per le arringhe dei difensori degli imputati. Parleranno gli avvocati Riccardo Ragusa e Francesco Maresca, legali dei carabinieri, e Carlo Macari e Massimiliano Manzo, difensori di Janeta Mitrea e Claudia Matta, volontarie della Croce Rossa. Poi i giudici si ritireranno in camera di consiglio.
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